Il Consiglio di Stato ribadisce: le clausole del bando devono essere interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole.

È recentissima la sentenza con cui il Consiglio di Stato, confermando l’orientamento espresso in primo grado dal TAR del Veneto, ha espresso il principio di diritto per cui, in materia di procedure concorsuali, le clausole previste dal bando devono essere interpretate analizzando il tenore letterale delle parole e la loro connessione logica/sintattica, anche perché il principio dell’autovincolo impone all’Amministrazione di conformarsi alle regole della competizione concorsuale.

Infatti, la questione sottoposta al Consiglio di Stato ha riguardato una procedura selettiva che – secondo quanto espresso nella lex specialis – si sarebbe dovuta articolare in un test preselettivo eventuale, da effettuarsi mediante quesiti a risposta multipla ed in una prova scritta, la quale avrebbe dovuto riguardare  l’impostazione di un piano di lavoro su di un caso psico-patologico presentato dalla Commissione sotto forma di storia psico-clinica scritta o di colloquio registrato e proposte per gli interventi ritenuti necessari o soluzione di quesiti a risposta sintetica inerenti alla disciplina a concorso.

La Commissione, nell’esercizio delle proprie facoltà, non ha sottoposto i candidati alla prova preselettiva ed ha somministrato a questi ultimi soltanto la prova scritta. Tuttavia, modificando la disciplina prevista dal bando, in virtù di una interpretazione ritenuta illegittima dal TAR del Veneto e dal Consiglio di Stato, la Commissione ha strutturato la prova scritta in un test a risposta multipla (ovverosia come sarebbe dovuta essere la prova preselettiva).

Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che “Lo stesso bando … prevedeva invece la possibilità di effettuare una prova preselettiva con test ai fini di ammettere alla prova scritta un numero di candidati suscettibile di una celere correzione. Le regole concorsuali sono state quindi redatte secondo una scansione che ha autovincolato l’Amministrazione ad un percorso di esame preciso ed inderogabile da parte della commissione giudicatrice. In sostanza, le clausole del bando di concorso non potevano essere assoggettate ad un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, dovendo, invece, essere interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole e dalla loro connessione (cfr. Cons. di Stato, sez. III, 21 febbraio 2022, n. 1258). La commissione di esame, che invece nella sua prima seduta ha previsto di effettuare la prova scritta mediante test a risposta multipla, non aveva dunque margine di discrezionalità nel modificare il percorso delle prove secondo quanto stabilito dal bando (avrebbe potuto invece procedere all’effettuazione di una prova preselettiva con le medesime modalità)”.