Concorsi pubblici: lo «smartwatch» al polso non vale l’espulsione alle prove!

É illegittimo il provvedimento con il quale è stata disposta l’esclusione di una candidata da un concorso pubblico perché la stessa era stata sorpresa durante una prova scritta mentre indossava al polso un “Apple Watch serie 3”.

Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con sentenza del 16 novembre 2020, n. 7068 accogliendo le doglianze di una professoressa la quale ha partecipato alla prova preselettiva del corso-concorso finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, bandito dal MIUR. A prova conclusa, il Comitato di vigilanza, constatato che la ricorrente indossava al polso un orologio smart, l’aveva esclusa dalla preselezione.

Ritenendo la decisione di espulsione illegittima la candidata ha adito il T.A.R. Lazio- Roma, il quale, con sentenza 1784 del 2019, non aveva accolto il ricorso.

Avverso tale sentenza ha proposto appello la professoressa. Col primo motivo si denuncia l’errore commesso dal Tribunale nel ritenere che il bando di concorso di cui alla citata D.G.G. n. 1259/2017 vietasse di “introdurre in aula cellulari, palmari, smartphone, smartwatch, tablet, fotocamere, videocamere e ogni strumento idoneo alla memorizzazione o informazione di dati”, e disponesse che i candidati, laddove in possesso di tali dispositivi, dovessero spegnerli e depositarli “prima dell’ingresso in aula, pena l’esclusione dal concorso”.

Tali prescrizioni, infatti, non sarebbero state contenute nel bando, ma unicamente nella nota 13/6/2018 n. 0027719, indirizzata soltanto ai Direttori Generali e ai Dirigenti titolari degli Uffici Scolastici Regionali e da questi diffusa ai Comitati di Sorveglianza.

In base a questa nota il menzionato Comitato, in sede, di concorso, avrebbe però avvertito i candidati soltanto a non fare “uso” delle indicate apparecchiature, senza menzionare il mero divieto di introdurle in aula, anche se disattivate o comunque inidonee all’utilizzo e in concreto non utilizzate.

Escluso che il bando e le avvertenze date ai candidati prevedessero un esplicito divieto di introdurre orologi smart, il Consiglio ha ritenuto rilevante che nella fattispecie il dispositivo non era in grado di funzionare come provato dalla perizia fatta effettuare dalla candidata.

Pertanto, anche in base al non funzionamento, secondo il Consiglio di Stato, l’introduzione dell’orologio smart non è sufficiente a giustificare l’esclusione, occorrendo anche che il medesimo sia idoneo alla “memorizzazione di informazioni o alla trasmissione di dati”